A presto!
Una volpe al Parlamento. – STOCCOLMA
CHI: Francesca
città: Stoccolma
CHE: Visitare Stoccolma a metà gennaio non è una malvagia idea. In quel periodo la temperatura può scendere a -10 gradi o più, ma il paesaggio glaciale ha qualcosa di fiabesco. La neve tra le stradine del centro storico crea un’atmosfera ovattata e surreale. La città, pur essendo sommersa da un manto di gelo, si rivela splendida, pulita, ordinata ed efficiente. Le strade piene di gente, i negozi aperti, persone che tranquillamente fanno jogging al mattino: una vitalità che lascia credere, a ragione, che gli svedesi non si lasciano spaventare dal freddo glaciale.
Ma Stoccolma, oltre ad essere una città elegante e moderna, ha moltissimo da offrire a giovani e meno giovani in ogni periodo dell’anno, tra cui diverse chicche.
Ad esempio, passeggiando sulla Drottninggantan, la strada pedonale proprio di fronte al ponte che conduce al sontuoso Parlamento svedese, non lasciate passar inosservato ciò che giace sull’angolo destro della strada. Ad un occhio miope e poco allenato a “cacciare chicche” potrebbe sembrare un ammasso di ferraglie o un mucchio di rifiuti, cosa quanto mai inusuale nel centro di Stoccolma visto l’ordine e la pulizia di cui abbiamo già parlato.
Dovete avvicinarvi ed osservare attentamente per rendervi conto di trovarvi di fronte ad un’ opera d’arte che nasconde una storia di solidarietà e sensibilità cittadina. Questa curiosa statua, fatta di gesso e stoffa, rappresenta infatti una volpe umanizzata, dello stile delle fiabe di Fedro, avvolta in una coperta, con un pupazzo di pezza in mano e lo sguardo basso e triste. L’opera d’arte appartiene alla collezione Rag and Bone di una nota scultrice di origine gallese, Laura Ford.
La Ford si ispira nei suoi lavori ai protagonisti delle fiabe di Beatrix Potter, nota scrittrice inglese di libri per bambini. I personaggi infantili e giocosi quali Tiggy-Winkle il riccio, Tommy il tasso e per l’appunto Tod la volpe, che vivono nelle favole del primo novecento in paesaggi idillici, boschi verdi e casette di legno, vengono rappresentati da Laura Ford in una situazione urbana moderna, ai margini delle strade, al freddo, senza casa, mendicanti ed affamati. Mettendo in mostra Tod la Volpe e i suoi amici in un così inusuale aspetto nelle strade più trafficate ed importanti delle metropoli, l’autrice vuole attrarre l’attenzione sulla questione sociale dei senzatetto e della doppia realtà di cui vivono le nostre città: la ricchezza del consumismo del centro e la povertà dei margini sociali.
Cosa interessante è che sembrano siano stati proprio i cittadini di Stoccolma, attraverso una votazione, a voler posizionare Tod la Volpe in quell’angolo di strada di fronte al Parlamento. In questo modo i governanti del paese dovranno ricordare ogni mattina prima di entrare nei loro uffici la presenza “scomoda” di coloro che dormono nelle strade della città e chissà… magari penseranno a delle soluzioni.
RAG AND BONES DI LAURA FORD – STOCCOLMA
Drottninggatan (Guarda la mappa).
Il centro di Stoccolma può essere girato tranquillamente a piedi. La Drottninggatan è raggiungibile ad esempio dalla stazione dei treni grazie ad una piacevole passeggiata di 15 minuti circa.
Da sapere che… Laura Ford si è impegnata nel sociale anche in un’altra occasione in collaborazione con Amnesty International. La collezione Armour Boys rappresenta una serie di armature di cavalieri della misura di un bambino accasciata in posizioni inermi.
A due passi… il Parlamento, il palazzo Reale e la Gamla Stan, l’isola medievale dalle stradine intricate e le case colorate.
Una volpe al Parlamento suona come En timme kvar att leva – Kultiration.
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Un Sacro Graal di Birra. – TARQUINIA
CHI: Alice
città: Tarquinia
CHE: Tarquinia è un bellissimo paese medievale in provincia di Viterbo, fu inoltre il più antico e importante insediamento della dodecapoli etrusca.
Ma come è prevedibile in un piccolo paese, la sera c’è poco da fare. Nonostante non manchino trattorie e bottiglierie dall’aria invitante, solitamente i ragazzi si rinchiudono in uno dei tre unici pub del centro.
Per arrivare al centro lasciate la macchina fuori dalle mura, la Barriera San Giusto, e fatevi una bella salita fino al Belvedere percorrendo Corso Vittorio Emanuele. Mentre salite noterete sulla sinistra – al lato di Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Nazionale Tarquiniese che conserva parte dei dipinti delle tombe della necropoli etrusca – una statua in bronzo curiosa: un corpo femminile in piedi col busto rigirato all’indietro e le braccia dietro la nuca. Si intitola “Memoria dell’estate” (1980) ed è una statua di Emilio Greco. Lo scultore ne fece due, l’altra, “Memory of summer”, si trova in un parco di Sendai, in Giappone.
Arrivati in cima vi troverete nella bellissima Piazza del Comune con una fontana nel mezzo e una pavimentazione un po’ decentrata che ricordano Roma e Piazza del Campidoglio. Il pavimento infatti richiama volutamente quello di Michelangelo, ma ha un non so che di esoterico, vista la presenza di una serie di occhi neri disposti tutti intorno a una mano, nera anch’essa, con un occhio bianco nel palmo posta al centro della “stella”. Questa è una delle ultime opere di Sebastian Matta, architetto e pittore cileno che dopo aver girato tra Santiago, Parigi, New York e Roma, decise di passare gli ultimi anni della sua vita proprio qui a Tarquinia, e qui infatti è stato sepolto otto anni fa. Sulla piazza affaccia, ovviamente, il Palazzo Comunale di stile romanico che nella sala consiliare conserva anche una serie di dipinti dello stesso artista. Continuando a camminare sulla sinistra sotto il grande arco ogivale che passa sotto l’intero edificio, si arriva a Via San Pancrazio. Andando dritti subito sulla destra noterete tre lanterne da pub, di notte le uniche luci intorno che vedrete!
L’Old Station Pub si presenta accogliente con le sue vetrate lavorate e i suoi interni in tufo, roccia vulcanica molto diffusa nel Lazio utilizzata come materiale di costruzione proprio da Etruschi e Romani. L’ambiente è sempre profumato e il servizio è veramente gentile, ma soprattutto non ammette errori sulle birre! E per gli amanti della birra è sempre un piacere! Il locale offre infatti un’ampia gamma di birre alla spina e in bottiglia di ogni genere e provenienza, ma le favorite sono indubbiamente le trappiste belghe. Ogni birra è ricercata e servita con la sua descrizione, con i suoi accompagnamenti se richiesti, con la sua temperatura, con i suoi tempi, e, perfino, con il suo bicchiere e sottobicchiere! Cosa molto rara! Il gestore, Marino, avverte e consiglia di prendere un’altra birra se il bicchiere adatto (e col nome giusto) non fosse al momento disponibile. Soprattutto se avete deciso di ordinare una coppa di birra di dimensioni non ordinarie: una morbida coppa a balloon dove vengono versate con calma 3 bottiglie di Duvel da 75 cl, oppure una coppa squadrata e pesante per 5 bottiglie da 33 cl di Orval. Questo “Sacro Graal” che profuma di luppolo e che gira di mano in mano lungo la tavolata di amici è un vero piacere, sullo stile del “Metro di birra” romano, ma, forse, con una marcia in più.
Se poi nel mentre vi viene fame, sappiate che qui cucinano il primo piatto più “zozzo” (a buon intenditor poche parole) che ho mai mangiato. Gli “spaghetti alla schizofrenica” sono una ricetta un po’ introvabile: una gustosissima bomba di pesto, pomodoro, panna, pancetta e peperoncino. E infatti quando ve ne andrete vi mancheranno!
Insomma, passare un weekend di primavera a Tarquinia, è un modo per staccare la spina da tutto e da tutti, facendosi coccolare da belle cose da ammirare e da gustare. Tra terra, acqua e cielo!
TARQUINIA – OLD STATION PUB
100 km da Roma, imboccando l’Aurelia o l’A12 verso Fiumicino-Civitavecchia-Grosseto.
Old Station Pub, Via Antica, 23, Tarquinia (VT) (Guarda la mappa)
Da sapere che… Tarquinia, all’epoca Corneto, nel 1887 fu il paese che diede i natali al poeta Vincenzo Cardarelli. Al Belvedere, ai piedi di un albero è stato posato un libro di marmo aperto che recita la sua dedica alla città: “Qui tutto è fermo, incantato, nel mio ricordo. Anche il vento”.
A due passi… il Lido di Tarquinia, le Saline di Tarquinia (ambientazione dello sceneggiato tv “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini (1972) dove è ancora oggi possibile vedere l’albero, isolato rispetto agli altri, dove Pinocchio venne impiccato; dal 1980 è una riserva naturale protetta) e tante fonti d’acqua termale, libere o a pagamento (Ficoncella, Monti della Tolfa, Terme dei Papi, Saturnia sconfinando in Toscana). Tanti altri comuni suggestivi come Allumiere e Tuscania. Trattorie e ristoranti da leccarsi i baffi, come l’economico agriturismo “Bagaglia” sulla strada verso Marina Velca o il ristorante e stabilimento balneare “Gradinoro” sul lungomare del Lido se volete mangiare del pesce veramente buono, ma sicuramente non economico!
Un Sacro Graal di birra suona come Khazad Dum dei Summoning.
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Un porticato lungo mille passi. – GENOVA
CHI: Emanuela
città: Genova
CHE: Se si potesse riassumere Genova in una via, non potrebbe essere che Via di Sottoripa. Novecento metri di portici – i più antichi di cui si abbia conoscenza in Italia – che collegano Piazza Cavour, sede del mercato del pesce, a Via Gramsci. Oggi linea di demarcazione fisica e ideale tra il moderno waterfront e la città vecchia, un tempo era Sottoripa stessa il fronte del porto: fu edificata nel dodicesimo secolo come spazio funzionale ai commerci portuali, con un’architettura tipicamente orientale caratterizzata dai fondaci, gli antichi magazzini nascosti dalle volte dei portici in cui venivano stipate le merci appena sbarcate o in procinto di essere spedite, e dagli scagni, uffici ricavati in locali angusti sfruttando solai e sottoscala, che ora ospitano attività commerciali di ogni genere.
“Un porticato lungo mille passi, dove si può acquistare ogni merce”: così la descrive Silvio Piccolomini nel 1432, e a guardarla oggi sembra cambiato davvero ben poco. L’anima portuale, con il suo brulicare di una folla da sempre eterogenea e multietnica – a dispetto dei secoli, dei cambiamenti sociali e degli stravolgimenti urbanistici – continua incredibilmente a pulsare all’ombra di questi portici.
Via di Sottoripa è sostanzialmente un susseguirsi di negozi di alimentari di ogni tipo e nazionalità, focaccerie, chioschi, bancarelle, cineserie, phone centre, bar e caffè, botteghe tipiche, artigiani, e chi più ne ha più ne metta. Il consiglio è quello di avventurarsi, lasciandosi guidare dall’ispirazione del momento, anche se c’è qualche tappa che non potete mancare: assaggiare un pezzo di farinata nelle friggitorie amate e frequentate da Fabrizio De Andrè, o un panino preparato sul momento al “Ristoro”, dove darete sfogo al vostro estro nella scelta degli innumerevoli ingredienti; una sosta al “Bettolino”: qualsiasi cosa vogliate bere o mangiare, non vi costerà più di tre euro; un’occhiata a quello che, almeno per i genovesi, è il negozio di chiavi più stretto e lungo del mondo; e, infine, il mio preferito: Brun, il regno di tappi e sugheri. Un minuscolo magazzino stipato all’inverosimile (ci si entra a malapena in due, mentre la titolare siede serafica su un trespolo circondato da migliaia di tappi), nonché esercizio di sbalorditiva longevità: dal 1840. Alla faccia della globalizzazione.
Ma la vera chicca di Sottoripa sono i suoi avventori: perdete qualche minuto ad ascoltare il sovrapporsi di voci e ad osservarne i volti. Qui si confondono con estrema naturalezza persone di ogni tipo e provenienza: studenti, impiegati in pausa pranzo, operai, immigrati, pensionati, facce da bar e tipi loschi degni della migliore cinematografia pulp. Uno spaccato dalle tinte forti che, pur continuando ad evolversi, non smette mai di essere un ritratto autentico della città.
Lo sai: debbo riperderti e non posso. Come un tiro aggiustato mi sommuove ogni opera, ogni grido e anche lo spiro salino che straripa dai moli e fa l’oscura primavera di Sottoripa. (E. Montale)UN PORTICATO LUNGO MILLE PASSI
Via di Sottoripa, Genova (Guarda la mappa). Autobus n.1, 9, 12, 13 Metro: fermata San GiorgioDa sapere che… l’etimologia del nome deriva da ripa (riva), ovvero l’antico molo artificiale del porto. Il termine originale in lingua genovese, Sotorîa (di cui l’attuale nome è il calco italiano), serviva a distinguere l’approdo principale della regione rispetto alle piccole cale della riviera ligure.
A due passi… Cattedrale di S.Lorenzo, Porto Antico, Acquario, Museo Luzzati.
Un porticato lungo mille passi suona come Jamin-a – Fabrizio De Andrè.
La “storia vivente” dell’antica Roma.
CHI: Alice
città: Roma
CHE: c’è un museo tutto particolare con visita solo su appuntamento se chiami Omero o Nerone. È il Museo storico-didattico del legionario romano. Dove troverete sei sezioni:
“Legionari” conserva loriche (armature), elmi, scudi e armi (spade come il gladio e armi da getto come il pilum) e ogni accessorio tipico di questi soldati che costituivano l’unità militare base dell’esercito romano.
“Pretoriani”, le guardie del corpo dell’imperatore, con il loro equipaggiamento e la loro insegna rappresentata da uno scorpione. “Macchine da guerra”, tra cui la famosa catapulta, il lanciasassi che non manca mai nei fumetti di Asterix e Obelix.
“Gladiatori” è una sezione molto interessante dove si apprende anzitutto che i gladiatori, i lottatori dell’impero romano, erano divisi in classi: 5 le principali, ognuna con il suo equipaggiamento, per distinguerli tra di loro e soprattutto per la necessità di spettacolarizzare i combattimenti. Le categorie inizialmente vennero associate in base alla provenienza del guerriero che combatteva utilizzando armi e tecniche del proprio popolo; in seguito le categorie furono assimilate e quindi proposte ai vari gladiatori che si specializzavano nell’uso di una particolare arma o tecnica.
Ogni gladiatore aveva il suo antagonista tipico. Il Thrax, guerriero della Tracia (l’attuale Bulgaria) usava una spada ricurva chiamata Sica, l’Hoplomacus combatteva con la lancia. Entrambi erano gli antagonisti tipici del Mirmillo, che usava come arma la spada corta e dritta, il gladio. Il Retiarius era ispirato al Dio Tritone, per questo la sua tecnica era quella di avvolgere l’avversario in una rete rendendolo inoffensivo e la sua arma era il tridente. Il suo avversario era, infine, il Secutor, protetto da un grande scudo rettangolare e dal gladio.
“Vita civile”, dove troverete oggetti domestici o da lavoro, strumenti musicali o da misurazione, come il larario, il sacrario domestico della casa romana, clessidre, lucerne, cetre e cimbali.
“Donne romane”, l’ultima sezione, presenta tutti gli oggetti tipici della quotidianità femminile, dai gioielli, ai trucchi, ai profumi, all’abito di nozze, il telaio per la tessitura, fino alla “volsella”, la pinzetta per la depilazione (usata anche dagli uomini).
E se non bastasse, per i nostalgici è possibile rivivere la storia. Il museo fa infatti riferimento al Gruppo Storico Romano, associazione culturale attiva dal 1994, che intende non solo preservare la storia, ma anche riprodurre ogni piccolo elemento di vita quotidiana degli antichi romani. A partire dai nomi, numeri, feste, cibi, indumenti. Il direttore del museo si chiama Albio Tibullo (ovvero ing. Omero Chiovelli).
Per il resto c’è la Legio XI Claudia, la riproduzione vivente della legione di Giulio Cesare, con tanto di campagna di arruolamento. La Legio è comandata da Nero Imperator, ovvero Sergio Iacomoni, presidente del GSR che fa i suoi addestramenti, pratici e teorici, insieme a lezioni di storia e di latino. Il giovedì si fanno “in borghese” presso la sede sull’Appia Antica, mentre ogni prima domenica del mese presso il Circo Massimo si svolge il vero e proprio exercitium “in lorica”. Ancora, c’è la scuola dei gladiatori. Sono previsti i festeggiamenti per il Natale di Roma ogni 21 aprile. Per le ragazze c’è il concorso Dea Roma, quest’anno all’ottava edizione. La Dea Roma è la celebre statua che si trova sulla fontana di fronte al Palazzo Senatoriale in Piazza del Campidoglio, rappresentata con un elmo, una lancia e nell’altra mano una sfera raffigurante la perfezione della forma. Ai suoi lati le raffigurazioni dei fiumi Tevere e Nilo. Le ragazze che possono partecipare devono essere “residenti o native dell’Italia o di qualsiasi paese straniero che fu provincia o protettorato romano”. Il premio consiste nella sfilata, vestita da Dea Roma, in testa a un corteo formato da centinaia di personaggi in costume romano provenienti dall’Italia e dell’Europa che il 18 aprile attraverserà le vie del centro storico di Roma.
MUSEO STORICO-DIDATTICO DEL LEGIONARIO ROMANO
Via Appia Antica, 18 (Guarda la mappa). www.gsr-roma.com; info@gsr-roma.com tel: 06 51607951 facebook: “Gruppo storico romano”. Bus 714 da Termini. Il museo è aperto solo su appuntamento, telefonando a: 348 0098379 (Omero) oppure 338 2436678 (Nerone). Da sapere che… le fonti letterarie antiche segnalano la presenza di donne gladiatrici sotto l’imperatore Nerone, purtroppo però non ci sono pervenute testimonianze archeologiche.A due passi… chiesa di Santa Maria in Palmis, Mura Aureliane e Porta San Sebastiano.
La ”storia vivente” dell’antica Roma suona come Lisa Gerrard – Now we are free.
Arabeschi e miele nel quartiere Latino.
CHI: Giuliano
città: Parigi
CHE: Esiste a Parigi un caffè dove i passerotti la fanno da padroni, tra briciole di Baklava e foglie stropicciate di menta, un crocevia arabescato dove viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo si alternano, su sedie sgangherate, a coppiette di studenti innamorati.
Qui, a due passi dal quartiere latino, si apre una finestra sul Maghreb, in un’atmosfera da mille e una notte che evoca ritmi tintinnanti e odori di spezie.
Varcata la soglia del Cafè de la Mosquée, questo il nome del nostro angolo di paradiso, si ha infatti l’impressione di essere inciampati in una delle numerose sale da tè che si affacciano sui ciottoli bianchi dei vicoli di Hammamet.
Appena entrati verrete probabilmente travolti dall’andirivieni degli avventori entusiasti e sarete fortunati se riuscirete a trovare un angolo per voi tra i tanti tavolini del giardino interno.
Mettete mano al portafoglio perché, una volta seduti, sarete immediatamente assaliti dal primo garzone di passaggio che vi sbatterà sul tavolo due bicchierini di tè alla menta sfilandovi ben due euro a consumazione.
Una volta superato lo shock economico guardatevi un attimo intorno. Siete in uno dei centri della cultura islamica di Parigi, abilmente nascosto e generosamente foraggiato dall’atmosfera turistica di questa piccola sala da tè.
Il “cafè de la Mosquée”, come dice il nome stesso, si trova all’interno della moschea centrale, ed è forse uno dei più importanti centri di ritrovo della cultura musulmana della città dopo l’Istituto del Mondo Arabo, situato a qualche isolato di distanza.
L’intero comprensorio, di cui non è dato conoscere l’estensione, ospita infatti, oltre alla sala di culto e al caffè, una biblioteca, un negozio di souvenir e un hammam con orari alternati per uomini e donne.
Per scoprire la vera facciata di questo gioiello, bisogna immaginarlo come l’incrocio tra un luogo di culto e un centro di raccolta fondi della comunità islamica di Parigi, dove stranieri a caccia di esotismo versano il loro piccolo tributo in cambio di qualche istante di fuga dalla realtà.
Ma non era mia intenzione rovinarvi la magia con vaghe supposizioni. Anzi, se mai cercaste un rifugio dopo una lunga passeggiata tra la mura della Sorbona e i saliscendi della rue Mouffetard, venite pure a riposare le gambe in questo giardino da fiaba e gustate in silenzio uno dei tanti dolci che troverete al bancone accompagnandovi con un sorso di tè.
Attenzione però a scegliere con cura la vostra giornata. Il clima di questa città si sa, può rovinare la più bella delle favole.
ARABESCHI E MIELE NEL QUARTIERE LATINO – CAFFE’ DELLA MOSQUEA
39 Rue Geoffroy Saint Hilaire, 75005 Paris (Guarda la mappa) Metro: Jussieu (linea 7 rosa) Da sapere che… L’ingresso della moschea vera e propria si trova sul lato opposto dell’edificio, all’altezza di place du Puit de l’Ermite. Per i francofoni interessati è possibile visitare “virtualmente” i luoghi di culto all’indirizzo web: http://www.mosquee-de-paris.org/. In ogni caso la moschea resta aperta generalmente al pubblico anche durante dibattiti religiosi ed eventi culturali.A due passi… Il Jardin des Plantes, che in primavera ospita una varietà impressionante di specie floreali e lo zoo di Parigi, vero esempio di zoofilia decadente. Continuando verso ovest si giunge invece all’istituto del Mondo Arabo, la cui facciata interna ricoperta da motivi di vetro è un monumento riconosciuto dell’architettura moderna.
Arabeschi e miele nel quartiere latino suona come Ballake Sissoko & Vincent Segal – Mama FC .
Sorella morte. – PALERMO
CHI: Claudia
città: Palermo
CHE: Se c’è una ricorrenza religiosa a cui i palermitani non mancano di venerare questa è la Festa dei Morti. Il 2 novembre di ogni anno fanno visita ai defunti portando loro fiori e a volte cibarie. La Festa dei Morti è una festa dedicata ai bambini e le anime dei trapassati li visitano nella notte tra l’uno e il due novembre lasciando loro dei doni.
Se vi trovate a Palermo in questo periodo o in qualsiasi altro giorno dell’anno, una visita alle Catacombe dei Cappuccini non può mancare. Questo vasto cimitero sotterraneo situato al di fuori delle mura cittadine, nel quartiere Cuba, è unico al mondo nel suo genere ed attira curiosi fin dai secoli scorsi.
Le lunghe gallerie in tufo furono scavate intorno la fine del 1500 per un’estensione di circa 300 mq. Ciò che le distingue è la sistemazione delle mummie, circa 8000 in tutto, come fossero opere d’arte. Appesi o distesi, i corpi mummificati sono vestiti di tutto punto e sono suddivisi per sesso e per ceto sociale; nei vari settori si riconoscono prelati, nobili, borghesi, ufficiali dell’esercito, donne vergini e bambini. Erano i frati stessi del convento ad imbalsamare le salme, seguendo metodi di cui tutt’ora si sa poco: il più comune sembra fosse quello dell’essiccamento naturale mediante la sistemazione dei cadaveri nei colatoi.
L’ingresso del cimitero è sul lato sinistro della facciata principale della chiesa e ai piedi della scala, in penombra, si scorgono gli scheletri messi in fila. A destra si trova la prima parte del corridoio dei frati, il più antico; da qui imboccando il corridoio degli uomini, all’interno di un piccolo vano, sono sistemati i bambini. Proseguendo, i corpi mummificati s’identificano con dei cartelli che riportano il nome, cognome e data della morte; nel corridoio delle donne i corpi sono invece deposti orizzontalmente. Incrociando il corridoio dei professionisti, così chiamato per la numerosa presenza di medici, avvocati, pittori, ufficiali e soldati, ci si immette nella parte più recente, senza nicchie alle pareti. E’ qui che si può vedere uno dei tanti colatoi disseminati lungo le gallerie.
Nella cappella di Santa Rosalia, tra quelle dei cadaveri di due bambine, si trova la famosa bara della piccola Rosalia Lombardo, morta il 6 dicembre 1920 a soli due anni e trasportata ai Cappuccini per essere sepolta dopo essere stata imbalsamata dal dottor Salafia con un metodo farmacologico. Il corpo appare a prima vista come perfettamente intatto, tanto da dare l’illusione che la piccina stia soltanto dormendo, occhi chiusi e con le ciglia ancora presenti. Per i palermitani quella della piccola Rosalia è la mummia più bella del mondo, che “dorme” qui da quasi cento anni.
Le catacombe dei Cappuccini rappresentano un aspetto a dir poco tetro di Palermo, ma oltre ad essere una chicca assolutamente imperdibile, sono anche spunto di riflessione sulla caducità della vita e sull’inutilità dell’attaccamento degli uomini alle cose più effimere.
SORELLA MORTE – LE CATACOMBE DEI CAPPUCCINI DI PALERMO
Indirizzo: Piazza Cappuccini 1, Palermo. Tel.: 091-212-117 Ingresso: 3 euro Lun – Dom: 9.00 – 13.00 15.00 – 18.00Da sapere che… il 2 novembre del 1779 il poeta Ippolito Pindemonte visitò le Catacombe, ne rimase così colpito da immortalare il cimitero nel suo carme imperituro “I Sepolcri”; e la città grata e riconoscente all’illustre poeta, chiamò la strada che porta alla Chiesa e quindi al cimitero Via Pindemonte. Ma non fu l’unico poeta a rimanere incantato da questo luogo. Nel 1885, il celebre scrittore francese Guj de Maupassant, dopo aver osservato con attenzione i cadaveri durante una sua visita, ritornò spesso sul metodo dell’essiccamento.
A due passi… in via Gaetano La Loggia (all’interno dell’ ex ospedale psichiatrico) è possibile visitare uno dei tre Qanat di Palermo. I Qanat, costruiti dagli arabi con tecniche proprie dei persiani, sono delle strette gallerie sotterranee scavate dai muqanni, “maestri d’acqua”. Questi cunicoli intercettavano la falda acquifera e tramite la gravità e una leggera pendenza trasportavano l’acqua in superficie.
Per le visite guidate ai Qanat contattare la Cooperativa Solidarietà allo 091580433.
Sorella morte suona come La Morte – Fabrizio De Andrè.